Molto di quanto si scrive sul governo di Mr B ha a che vedere con leggi ad personam, processi, dichiarazioni poco accorte di Mr B, ministri e sottosegretari, con la distruzione del poco che rimane della Costituzione repubblicana, con il neo-razzismo della Lega Nord e con molto altro. Pochi si soffermano sui dati economici, che poi sono quelli che determinano il benessere o malessere dei cittadini. Degli ultimi 10 anni, circa 8 sono stati governati dalla destra di Mr B. Penso siano sufficienti per fare un primo bilancio delle politiche di Mr B e per iniziare ad attribuire qualche responsabilità.
Non è mia intenzione quella di scrivere un rapporto in stile Banca d’Italia ma trattare pochi indicatori solamente: (a) prodotto interno lordo (PIL) e relativo tasso di crescita; (b) PIL pro-capite; (c) debito pubblico; (d) import/export, e (e) disoccupazione. Salvo non sia diversamente indicato, i dati sono quelli della Banca Centrale Europea. In questo post tratto solo (a) e (b) per ragioni di spazio.
Il prodotto interno lordo. Il PIL misura la ricchezza di un paese pertanto, si tratta del dato principe per economisti e politici (nonostante siano significative le critiche su cosa sia effettivamente rappresentato dal dato). Nel 2009 il PIL italiano si attesta a € 1,520.9 miliardi (mld). Cosa significa questo numero? Il modo più semplice per capire è quello di fare qualche comparazione. L’Italia pesa per il 17% sull’area dell’Euro, rispetto al 21% della Francia, 26.7% della Germania e 11.8% della Spagna. In termini di peso economico, si tratta di uno dei paesi più avanzati d’Europa e del mondo. Tuttavia, quale era il peso dell’Italia sull’area euro agli inizi del decennio, quando cioè si costituiva la moneta unica? Il peso non ha avuto significative modifiche, attestandosi al 18% agli inizi del decennio; Francia e Spagna hanno guadagnato posizioni e la Germania ha perso circa il 5%. Ma quale è il tasso di crescita del PIL italiano? Quando l’Ulivo ha governato (1996-2000), il tasso di crescita del PIL era di 1.9%. Vediamo Mr B: 0.9% in media dal 2001 al 2005, -1.3% e -5.1% nel 2008 e nel 2009 rispettivamente. Sembra una barzelletta ma il 2007, anno in cui Mr P ha governato, la crescita del PIL è stata del 1.4%. Crisi o non crisi, non sembra che i governi di Mr B abbiano accresciuto la ricchezza totale dei cittadini italiani.
Il PIL pro-capite. Il secondo fattore che intendo considerare è strettamente legato al primo: si tratta del PIL pro-capite, ovvero la ricchezza che, in media, ogni cittadino italiano dovrebbe, in media, ritrovarsi in tasca. Nel 2009 l’Italia ha registrato un dato pari a € 25,240, in calo rispetto al 2008 (€ 26,200). Anche in questo caso, sono le comparazioni che danno un senso al dato—anche se un calo, bisogna dire, è già di per se un segnale negativo e sta ad indicare che il reddito a disposizione di ciascuno è diminuito. Molti paesi hanno registrato un calo nel 2009 e tuttavia Francia e Germania rimangono su livelli molto più alti rispetto all’Italia. Il PIL pro-capite in questi due paesi è rispettivamente € 29,570 e € 29,280. Detto questo, ciò che sorprende maggiormente è che l’Italia, la terza economia dell’area Euro, abbia un PIL pro-capite inferiore alla media, contrariamente a Francia e Germania, #2 e #1. Durante l’intermezzo del governo di Mr P il dato ha sempre fatto registrare una crescita: € 26,040 nel 2007, +3% rispetto al 2006. In media, il governo di Mr B del primo quinquennio degli anni 2000 ha registrato un incremento del 3.2% della ricchezza. Non male, si potrebbe pensare. E tuttavia quel dato è la metà di quanto il governo di Mr P aveva ottenuto nel quinquennio precedente: ~6.8%.
Questo del PIL pro-capite è un dato molto scarno perché le condizioni reali sono talvolta parecchio distanti dalla media. Mi spiego meglio. Ciò che conta non è solo la ricchezza media ma anche la sua distribuzione. Un paese con un PIL pro-capite molto elevato (come l’Arabia Saudita, per esempio) potrebbe avere una concentrazione di poche persone enormemente ricche, che tirano su il dato, e molte altre enormemente povere. Per calcolare la distribuzione della ricchezza esiste un coefficiente statistico, il celeberrimo (per gli addetti ai lavori) indice di Gini. Questo dato viene calcolato dalle Nazioni Unite (UNDP) e l’Italia ha un coefficiente pari a 36 (1992-2007). La distanza che ci separa dallo 0 (completa uguaglianza nella distribuzione della ricchezza) non sembra molto significativa se si pensa che il limite superiore è 100. Tuttavia, i primi paesi della lista hanno valori pari a 24.7 (#1 Danimarca), 24.9 (#2 Giappone), e 25 (#3 Svezia). Zimbabwe, Nigeria e Gambia si attestano a 50, per fare un altro esempio.
Senza volermi dilungare oltre, anche in questo caso ciò che conta è l’operato di Mr B. Purtroppo sono riuscito a trovare i dati relativi al 1996-2006 solamente (http://www.eurofound.europa.eu/). Il governo precedente (Mr P) aveva portato l’indice al 29 (2001) dal 32, dato del 1996. Mr B ha portato l’indice al valore di 33 nel 2005. Insomma, con le politiche di Mr B aumenta il divario economico tra ricchi e poveri nel nostro paese. Quelli che stavano meglio, stanno sempre meglio, quelli che stavano peggio…
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