Sono iscritto nella mailing list di Siamo europei (SE), un gruppo istituito da Carlo Calenda che cerca di stimolare il dibattito della sinistra (in special modo, del PD) sulla centralità dei temi dell'Unione Europea.
Da qualche tempo a questa parte, dopo le elezioni europee, SE si è concentrato su questioni di politica nazionale, in modo quasi inspiegabile, devo ammettere. Alla ultima decisione — errata, secondo me — del fondatore Carlo Calenda di lasciare il Partito Democratico, ho risposto come segue.
Caro Carlo,
mi spiace molto venire a conoscenza di questa tua decisione. Sono un europeista convinto e penso che il PD abbia bisogno di persone come te, che riportino alcune delle discussioni sul piano della prospettiva europea.L'unica alternativa allo sfascio che un eventuale governo di destra estrema porterebbe al paese (e all'Europa) è il PD. Lo è fin dai tempi dei vari governi Berlusconi perché è l'unica organizzazione di partito che (a) non dipende da un individuo solo e (b) ha una struttura interna propriamente democratica. Aggiungo che il PD si fonda sui valori tradizionali della sinistra e questo, soprattutto al giorno d'oggi, non è affatto da considerare un elemento secondario.È vero, tuttavia, che, a seconda delle correnti che si susseguono al comando, il partito abbia dimostrato della flessibilità nella collocazione politica, sempre nell'ambito di una sinistra internazionale europea. Data la varietà interna al partito, la possibilità di avere spazio e instaurare un dialogo, davvero non capisco la tua scelta. Immagino sia difficile far parte di un partito che si allea con una forza populista come il M5S, ma questa è una necessità dettata dalle condizioni attuali. Con questo intendo che non si può e non si deve consegnare il paese alla destra estrema, razzista e xenofoba. La Lega ha già provato a sfasciare i conti dello Stato (e non solo!) nel corso dell'ultimo governo Berlusconi; nessuno ricorda che il collega* Tremonti era in quota Lega. E si trattava di una Lega molto simile a quella attuale per quanto riguarda il collocamento politico (lo ripeto da almeno due decenni: bisogna saper leggere!).Insomma, serietà vorrebbe che si accettino le decisioni della maggioranza di un partito (il PD) di cui si condivide molto, ma che si possa dissentire e servire da pungolo durante l'esperienza di governo con i populisti. Tutto ciò in attesa di momenti migliori, nei quali poter far sentire la propria voce ed eventualmente far parte di una nuova maggioranza futura. Abbandonare in questo modo ricorda, mutatis mutandis, l'errore di Bersani alcuni mesi or sono. Cosa porta fondare un partito che, nel migliore dei casi, potrebbe arrivare al 3%, nel peggiore scomparire dalla mappa politica? Mi spiace, caro Carlo, ma scomparendo dalla mappa politica non aiuterai né il tuo paese, né l'Unione europea.
Inoltre, Siamo europei dovrebbe avere in mente le questioni di rilievo continentale e non tanto le beghe interne della politica nazionale. Le domande da porsi sarebbero state, per esempio, quali sono le implicazioni europee di nuove elezioni in Italia? Cosa comporterebbe consegnare il paese alle destre estreme? E cosa, in alternativa, si fare in un governo che potrebbe nuovamente avere una voce in EU? Come contribuire a costruire la prossima vittoria delle sinistre in Europa?
Per finire, una nota procedurale. Sarebbe stato forse utile chiedere una opinione ai membri della mailing list prima di prendere la decisione, non dopo. Valutare sulla base di una riflessione comune avrebbe contribuito a creare un senso di identità in questo movimento Siamo europei e sarebbe stato un modo per avviare una discussione su di alcuni dei valori da "rivitalizzare" all'interno del PD o della sinistra, più in generale. Un'occasione perduta.Buona fortuna,Davide--Davide Secchi, PhDAssociate ProfessorUniversity of Southern Denmark* Colloco Tremonti tra i colleghi che hanno smesso di studiare e intendono la cattedra universitaria come se fosse uno dei tanti titoli, non come una responsabilità nei confronti di studenti, colleghi e della società in generale. La responsabilità è quella che deriva dallo studio serio delle tematiche inerenti alla propria disciplina. Tremonti non ha mai avuto, nelle ultime decadi, un profilo universitario moderno.
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