Sunday, September 4, 2011

Storie di libri

Venerdì mattina ho ritirato un libro dalla cassetta della posta all’università. Si tratta del libro A Perfect Mess. Uno dei due autori, Eric Abrahamson, è un collega della Columbia University che ha scritto alcuni articoli interessanti dei quali mi sto occupando. Questo libro è una sorta di elogio del disordine. Sì, proprio così. In sostanza, gli autori mostrano che ci sono dei costi (di tempo, mentali, effettivi) che si associano col tenere in ordine. Ho pensato che, in quanto affetto da disordine cronico e membro attivo dell’associazione “Esteti del disordine,” nella mia biblioteca non poteva mancare questo tomo.

Ma veniamo al reale proposito di questo post: Sapete quanto ho pagato per averlo? Attraverso amazon.co.uk, la mia spesa è stata di £0.01 + spese di spedizione. In totale, ho pagato un paio di sterline per un libro nuovo e di circa 300 pagine. Ironia della sorte, mentre mi veniva recapitato il libro venivo a conoscenza di una strana legge italiana sui libri che sarebbe entrata in vigore a partire dal primo Settembre. L’articolo Ultime ore di svendite su Amazon. Poi gli sconti sui libri bloccati per legge rende noto che non sarà più possibile praticare sconti superiori al 15%. Semplicemente folle. Le ragioni di una simile pensata? Proteggere i rivenditori locali (italiani) dall’avvento di amazon.it. E sapete cosa rende il tutto ancora più incredibile? Il fatto che vi siano alcuni del settore editoriale italiano che si sono espressi a favore della legge.

Partiamo dal presupposto. L’Italia è, tra tutti i paesi occidentali, quello che ha il minor numero di lettori. L’italiano/a medio/a---è risaputo---non legge i quotidiani, magazine, riviste, non naviga su Internet e non legge libri. La spesa in cultura della famiglia italiana è del 2.4% sul totale delle spese (media europea 4.5%; dati 1999; fonte Eurostat 2007, EU Cultural Statistics). So cosa state pensando e mi spiace di smentirvi immediatamente: i dati mostrano che nemmeno chi ha i soldi, in Italia, li spende in cultura. Più di un italiano su tre (36%) dichiara di non aver letto nemmeno un libro nell’ultimo anno (media EU27 è 28%), in Germania e nel Regno Unito lo stesso dato è risponde al 18% (Eurobarometer 67.1, 2007, Tavola QA4.10). 

Sebbene sarebbe interessante indagare sulle cause di questa vergognosa condizione (*) che molto dice sullo stato di economia, politica e società, in questo post non mi pongo il problema.

Vorrei invece porre alcune questioni per capire se la nuova legge---come la ho intesa, attraverso l'articolo sopra citato---aiuti l’italiano/a a leggere di più o se, invece, lo aiuti a rimanere nella sua proverbiale ignoranza (eh già, vista dall’estero è davvero “proverbiale”!!): 
  1. Quando un prodotto non vende, il prezzo dovrebbe calare, in modo da renderlo più appetibile e incrementarne le vendite. In questo modo, lo si rende accessibile, nel caso in cui il prezzo iniziale sia molto alto. Per esempio, un libraio dimezzerebbe il prezzo di un romanzo, le cui copie rimangano invendute sugli scaffali per 12 mesi. Qualora questo non avvenisse, si avrebbero almeno due risultati. Il primo è quello di scoraggiare l’acquisto; a volte si è disposti a spendere €5.00 ma non €10.00 per un romanzo che non sia un best-seller. Il secondo è quello di rendere più difficili le vendite per i librai; questo ovviamente ha ripercussioni sulla catena di fornitura e dunque sull’intero settore.
  2. Un prodotto indesiderato o del quale non si percepisce il bisogno, se offerto ad un prezzo stracciato, potrebbe venire comprato. Che cosa me ne faccio del libro Selected Writings di Joan Robinson? Non è il mio campo, non ho tempo di leggerlo e non immagino che mi possa servire in qualche modo. Ma ecco che sulla copertina leggo che il prezzo è $0.50. “Beh” mi dico “certo che prima o poi, magari, potrei anche leggerlo…” Ovviamente lo ho comprato e ho letto qualche pagina!
  3. Quanto ho scritto nel punto precedente mi è capitato (forse troppo) spesso. Alcuni libri acquistati a poco prezzo sono ancora lì che aspettano di esser letti. Ma questo è un’altro punto importante: il libro è un investimento! Non è necessario che l’acquisto venga letto immediatamente, il libro diventa parte delle potenzialità di lettura, del fatto di avere una scelta di lettura, consultazione, studio, ricerca, altro. Il prezzo di copertina e gli sconti (anche e soprattutto stracciati) consentono ad una persona di aumentare sensibilmente la propria dotazione che, in ultima istanza, è una dotazione di conoscenza.
  4. Uno degli effetti della legge potrebbe essere quello di una diminuzione generalizzata dei prezzi di copertina dei libri. Posto che i successivi sconti non potranno superare il 15%, un libro oggi venduto a €30.00 potrebbe essere prezzato a €20.00 e ridotto successivamente a €17.00. Immaginate però che il libro, in copertina rigida, sia “Il codice Da Vinci” di Dan Brown. Si tratta di uno di quei casi in cui è facile prevedere un blockbuster book in Italia, così come avvenuto nel resto del mondo. In questo caso, sarebbe sensato vendere il libro a €20.00? Pensate che la casa editrice rinuncerebbe a €10.00 per libro? E allora, una volta fissato il prezzo a €30.00, l’unica riduzione possibile sarebbe quella a €25.50. Wow! In questo caso, il sottoscritto non avrebbe mai comprato il libro. Quando lo comprai, infatti, lo pagai l’equivalente di €6.00. Non avrei speso un centesimo di più. Ma ciò che a me pare più rilevante è che ci sono “ondate” di acquisto che garantiscono profitti nel lungo periodo e per lo stesso volume per case editrici e librerie. Senza sconti significativi “di mercato” cade questa ulteriore fonte di profitti. Dunque, il risultato è duplice: meno lettori e meno profitti.
L’ignoranza di chi ha presentato, sostenuto e approvato la legge (in primis Riccardo Levi, PD) è forse frutto del fatto che si legga così poco in Italia. In tutto questo, è forse bene ricordare che l’Italia è stato a lungo un paese escluso da amazon.com. Forse a ragione.


(*) Ecco un elenco succinto di possibili concause: (1) inadeguato sostegno all’educazione, cultura, ricerca; (2) l’Italia è il più vecchio tra i paesi europei (il 24.4% della popolazione ha meno di 25 anni, contro la media europea di 28.6% e il 19.7% di anziani over 65, contro il 16.8% della media EU27); (3) l’italiano con una laurea è raro come il quadrifoglio (nella classe d’età 25-40, solo il 16% ha una laurea e nella classe over 40, il 10%; la media EU27 è rispettivamente di 27.5% e di 19.8%, con i seguenti picchi degli Stati “simili” per dimensione: DE, ca. 24%; FR, 36.7% e 18.5%; UK, 34.7% e 28.1%; ES, 37.2% e 21.5%). Fonte e altri dati disponibili: http://epp.eurostat.ec.europa.eu/cache/ITY_OFFPUB/KS-77-07-296/EN/KS-77-07-296-EN.PDF

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