A più riprese si sente parlare del reddito di cittadinanza come di una misura tipica di una politica di sinistra. In generale, penso che questo sia corretto, nel senso che una misura che distribuisce delle risorse a tappeto ad una fascia della popolazione indicata come bisognosa, può senz’altro candidarsi ad essere definita una una misura sociale e di sinistra. Questo, bisogna sottolineare, ammesso che i criteri per definire i beneficiari siano ben specificati, equi e ispirati a valori delle pari opportunità.*
Tuttavia, quello che ci si dimentica spesso di ricordare è che le misure sociali non sono esclusivo appannaggio della sinistra. Infatti, esse sono state presenti anche durante i regimi totalitari di destra, nel senso che, per esempio, sia il nazismo tedesco che il fascismo italiano si sono storicamente definiti come nazionalsocialisti. Questo ha comportato che vi fossero delle misure introdotte durante il ventennio e rivolte, per esempio, a sostegno delle famiglie prolifiche o alle famiglie degli operai. In realtà, molti hanno indicato come le politiche sociali del fascismo fossero orientate alla gestione del consenso più che ad alleviare eventuali disequilibri. Infatti, alcuni notano che spesso si trattava di misure attuate con alta discrezionalità (dunque non eque) sulla popolazione.
Il punto che sto cercando di portare avanti in questo breve post è quello di sostenere che i criteri di selezione della fascia di popolazione alla quale la misura si riferisce determina la valutazione sulla pertinenza politica della manovra. A questo proposito, sembra che l'attuale reddito di cittadinanza così come introdotto dal governo Lega-Cinque Stelle non venga distribuito a tutti coloro i quali rispettino determinate caratteristiche, dunque secondo un criterio di status civile. Al contrario, pare che i non italiani (chiamati immigrati dal governo, per sottolineare che si tratta di persone "diverse") siano esclusi a priori, nonostante abbiano uno status tale da poter chiaramente rientrare nei criteri di selezione.
Questo elemento definisce il reddito di cittadinanza come un reddito di esclusione perché viene utilizzato fondamentalmente per distinguere i bisognosi italiani dai bisognosi "stranieri". È un modo per incrementare la discriminazione piuttosto che per ridurla. Di fatto, il reddito di cittadinanza rientra nella fattispecie della misura sociale nazionale, laddove l’aggiunta di questa specificazione — di questa qualifica — lo fa rientrare nella categoria delle misure di sostegno sociale di destra (nemmeno tanto moderna).
Affinché la stessa misura sia catalogabile come "di sinistra" o, se si preferisce, come "socialista", occorre che lo status del residente sia considerato come criterio primario, con indifferenza rispetto all'afferenza o meno ad uno Stato nazione come l’Italia. Un esempio di un criterio simile può essere il caso del sussidio allo studio elargito dallo Stato danese a tutti gli studenti in Danimarca, a prescindere dalla loro provenienza.
Dunque, alla domanda se il Movimento 5 Stelle sia un movimento di sinistra o meno io non saprei cosa rispondere, ma alla domanda se il reddito di cittadinanza sia una politica di sinistra, sarei portato a rispondere negativamente e dire che è uno strumento per imporre una discriminazione tipica della più bieca destra nazionalista. I socialisti dovrebbero indignarsi!
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* Intendo, in questo caso, fare riferimento alle einaudiane parità delle condizioni di partenza.