Wednesday, April 6, 2011

Una breve nota su Spinelli

Pochi, forse pochissimi italiani hanno sentito nominare Altiero Spinelli. Eppure, si tratta di uno dei politici più originali e influenti per quanto riguarda la battaglia per l’Europa unita. Sua l’idea, nel lontano 1941 insieme ad Ernesto Rossi, che una associazione di Stati—una federazione scriveva nel Manifesto scritto a Ventotene, dove scontava il confino per reati di opinione politica—avrebbe potuto porre fine alla guerra in Europa. Sua l’idea che la cessione di parte della sovranità degli Stati nazionali avrebbe portato alla creazione di una nuova statalità europea. E ancora, sua l’idea di avere un voto popolare per le elezioni del parlamento europeo, sua quella della moneta unica. Insomma, per chi non l’avesse mai sentito nominare, si tratta di uno degli attori fondamentali che hanno contribuito a creare il quadro di riferimento di ciò che l’Unione europea è al giorno d’oggi.
La bibliografia su Spinelli è piuttosto ampia. Essendo uno dei fondatori del Movimento Federalista Europeo (MFE), molti intellettuali e studiosi hanno dedicato numerosi lavori sul nostro. In particolare, esiste un libro pubblicato da Il Mulino, Altiero Spinelli. Machiavelli nel XX Secolo, edito da Piero Graglia, che raccoglie molti scritti di Spinelli sul federalismo europeo. La tesi che il libro sostiene, ampiamente condivisa da quelli che hanno conosciuto Spinelli e lavorato con lui all’obiettivo dell’unificazione europea, è che il nostro sia stato il migliore interprete moderno di Machiavelli. Ci sono due dimensioni in questo. La prima è quella, attuata innumerevoli volte dai militanti (che parola!) del movimento federalista, di essere “consigliere del principe”. Il ruolo che Spinelli vedeva per se e per la propria creatura organizzativa (il MFE), era quello di indicare la via ai governanti, di spiegare al potente di turno quali fossero i vantaggi della unificazione europea e quali i rischi di una mancata attuazione. Fin qua, il ruolo ritagliato dal nostro e dal movimento sembra piuttosto neutro. Infatti, potrebbe essere quello (e spesso lo è stato) di una guida intellettuale e critica, di una prospettiva originale e nuova sulla politica estera degli Stati nazionali.
La seconda dimensione è più problematica perché solleva delle questioni morali. Come è noto, il lavoro di Machiavelli non pone il problema morale al centro delle scelte. In estrema sintesi e correndo il rischio di banalizzare, una volta stabilito che l’obiettivo è auspicabile e degno, nonché vantaggioso, qualunque mezzo consenta di raggiungerlo diventa lecito. Questo il significato della celebre massima “il fine giustifica i mezzi”. In chiave spinelliana, le alleanze si portano avanti con tutti, a prescindere dalla loro estrazione, purché si condivida l’obiettivo della unificazione federale dell’Europa. E tuttavia, sotto il profilo morale, questo non sembra essere sostenibile. Per quale ragione? Facciamo un esempio.
L’assunto è che la federazione europea non si sia ancora realizzata. Immaginiamo che in uno dei principali paesi europei si sia insediato un governo di destra, le cui manovre politiche sono fatte a dispregio di istituzioni e democrazia. Immaginiamo inoltre che alcuni ministeri chiave di questo governo siano affidati ad esponenti di una destra razzista, xenofoba, separatista e belligerante, che molto ha in comune con le radici di quel fascismo che teneva Spinelli al confino. Ora, ammesso che questo signori abbiano intenzione di ascoltare e ammesso che non sia una perdita di tempo fare i consiglieri di questi “principi,” il problema è il seguente: è lecito avere a che fare con i razzisti? Detto altrimenti, è moralmente accettabile condonare o sopportare il razzismo se questo ci porta all’obiettivo finale? Si può scendere a patti con chi fa della discriminazione e dell’intolleranza la regola della propria esistenza politica?
A mio parere questo non è possibile o, se volete, non è accettabile in quanto snaturerebbe la decenza e la bontà dell’obiettivo finale, per quanto giusto. La tesi secondo cui vi sarebbe un “greater good” (un bene superiore) per il quale ogni sacrificio è valido, ha ancora da essere dimostrata. Soprattutto con riferimento alla unità europea.
In sintesi, accetto la prima dimensione del Spinelli Machiavelli ma rifiuto la seconda e mi chiedo e vi chiedo se non sia arrivato il momento per una seria autocritica del federalismo cosiddetto “militante.”